Intervista a Ornella Albanese

Ringrazio Ornella per aver accettato l’invito de Il giornale delle buone notizie e le do il benvenuto.

Il falconiere dei re, il tuo ultimo romanzo, è ambientato nel XIII secolo. Protagonisti sono Federico II di Svevia e Matthias, il suo giovane falconiere e voce narrante. Cosa ti ha affascinata di questa figura storica tanto da costruire un romanzo sulle vicende del suo casato?

Ho sempre subito il fascino di Federico, fin da quando ho visto Castel del Monte, un edificio magnifico, che mi è apparso come un compendio in pietra del suo sapere. E infatti il mio primo romanzo per i Mondadori Classic si svolgeva proprio all’interno di Castel del Monte, del quale avevo studiato la misteriosa planimetria. Tornando a Il falconiere dei re, l’imperatore è sempre presente nel romanzo, anche dopo la sua morte, perché il giovane Matthias vive per mettere in pratica i suoi insegnamenti. Federico era un uomo fuori dal suo tempo, aveva uno sguardo che andava sempre oltre. Non si poneva confini di alcun genere, ed è stato in grado di realizzare progetti che i suoi contemporanei consideravano visionari. Amava la conoscenza e la promuoveva, riuscendo a illuminare un’epoca buia come il medioevo. Sapeva parlare la lingua dei poveri e la lingua dei potenti. Era un amico leale, ma non perdonava il tradimento.

La descrizione dei luoghi mi ha affascinata, sono vividi. Ora muoio dalla voglia di visitare Lucera. Se possibile, hai l’abitudine di visitare i posti che descrivi?

Questo romanzo è nato proprio dal desiderio di collegare i luoghi che amo di più e che sono stati teatro delle vicende di Federico e dei suoi figli: l’Abruzzo, dove sono nata, la Puglia che ha contribuito a formarmi culturalmente e la medioevale Bologna, dove abito da diversi anni. Nel romanzo ho voluto descrivere quei luoghi che mi hanno suscitato forti emozioni. Tra gli altri, Castel Manfrino in Abruzzo, uno scenario maestoso, ricco di atmosfera, con quel castello che sorge proprio tra due monti gemelli. Oppure il palazzo di re Enzo a Bologna, una struttura solenne e severa che fa subito immaginare il giovane re prigioniero all’interno di una sala regale, ma chiuso di notte in una gabbia.

La narrazione degli eventi storici si intreccia e fonde abilmente con le vicissitudini di Matthias e Lucretia, tanto che chi legge non riesce a distinguere dove finisce la Storia e inizia l’invenzione poetica. A chi ti sei ispirata per costruire questi personaggi?

Desideravo un protagonista che riuscisse, fin da bambino, ad attrarre l’attenzione di un uomo come Federico, e quale poteva essere la chiave se non l’amore per la caccia e per i falconi? Federico sosteneva di aver trasmesso ai propri figli, insieme con il sangue, anche la passione per la caccia, quindi non poteva non essere colpito da un bambino che amava i falconi. Accanto a Matthias, ormai adulto, ho voluto una donna che fosse altrettanto appassionata e leale, ma allo stesso tempo irraggiungibile per lui. Entrambi i personaggi non sono stati pensati a tavolino, ma si sono “creati” man mano che procedevo nella stesura, con situazioni, tensioni e colpi di scena che hanno colto di sorpresa anche me. E così la loro storia si è intrecciata senza forzature alle vicende di una Storia più ampia.

Claudia Cocuzza