Intervista ad Antonella Bagorda

Fresco di stampa, Incisioni porta sulla scena del thriller italiano un nuovo personaggio, il medico legale Nally McBag. Romanissima, a dispetto del nome, Nally non ce la fa proprio a fare il suo lavoro, chiudersi la porta della sala autoptica alle spalle e dedicarsi a un hobby qualunque, che so, palestra, uscire con le amiche, pittura. No. Lei detesta – neanche troppo cordialmente – l’umanità ma non sopporta ciò che rimane fumoso, poco chiaro. Nally è una gran ficcanaso.

Conosciamo lei e poi, se le lascia la parola, anche la sua autrice.

Siamo felici di ospitare Antonella Bagorda.

  • Nally McBag è la protagonista del tuo romanzo d’esordio, Incisioni. Racconta ai nostri lettori chi è lei e chi sei tu.

Innanzitutto ciao a tutti i lettori e grazie per avermi invitata in questo luogo meraviglioso.

La risposta a questa domanda potrebbe essere più semplice del previsto: Nally sono io. Solo che lei, a differenza mia, è riuscita a realizzare il sogno di diventare un medico legale. Del resto la descrivo, si descrive e viene descritta come una donna che ama follemente la sua città, Roma, è sboccata ma sempre nei limiti della decenza, misantropa ben oltre i limiti della decenza e grande compagna degli attacchi di panico. Devo ammettere che affrontarla, ascoltarla e viverla è stato un po’ come guardarmi allo specchio. E il mio specchio non dice mai nulla di buono.

  • Incisioni è un romanzo crudo: lo è nella dinamica del crimine, lo è nel modo in cui Nally affronta l’indagine e la vita. Com’è nata l’idea e quanto ti è costato metterla su carta?

Come anticipato nella risposta precedente, la parte più difficile è stata quella in cui ho dovuto fare i conti con Nally, col suo carattere scontroso, col suo essere lunatica, delusa dall’essere umano ma allo stesso tempo affetta da una gran voglia di aprirsi ai sentimenti e ai rapporti interpersonali e da un gran bisogno di potersi fidare degli altri. Una volta superato questo incontro/scontro e aver accettato l’accordo che avrei scritto esattamente ciò che lei mi avrebbe suggerito di scrivere, è nata la trama. Una trama che ha trascinato me, lei e il resto della squadra negli abissi più oscuri di una mente sadica che ha tenuto tutti sotto scacco per molti anni. Sono stata con loro sulle scene del crimine; ho visto quei corpi privi di vita; ho vissuto la frustrazione, la paura e l’impotenza dei personaggi; ho capito, insieme a Nally, che fare giustizia aveva molta più importanza che seguire le regole. Di base c’è una denuncia importante a cui tengo molto e di cui non parlerò per non rischiare di svelare troppo, ma spero che non passi inosservata. Poi ho tentato di smorzare il nero che impregna tutto il romanzo con qualche leggerezza che spero mi sarà perdonata. Del resto così è la vita. Si tenta sempre di sdrammatizzare, anche nei momenti peggiori, seppure non sempre si riesca nell’impresa.

  • Cosa provi adesso che la storia di Nally non è più una cartella sul desktop ma viaggia tra i lettori?

Questo è il momento in cui dovrei sforzarmi di far venire fuori tutta la mia gioia, il mio entusiasmo e l’estrema felicità che dovrei provare nel sapere il mio romanzo pubblicato, vero? Scherzi a parte, penso che da creatrice di storie non sarò mai del tutto soddisfatta di ciò che scrivo e di come lo scrivo, e sarò sempre terrorizzata dal giudizio di chi si ritroverà a invadere i miei mondi, magari senza capire, magari fraintendendo le mie parole, o magari, molto più semplicemente, non gradendo quello che ho scritto. Posso affermare con certezza che Nally mi ha già dato tanto, che può dare tanto a chi la incontrerà (sempre presa a piccole dosi, mi raccomando) e che ha ancora molta voglia di raccontare e di raccontarsi. Di conseguenza non posso sperare altro che anche i lettori abbiano voglia di sentir parlare ancora di questa adorabile rompi…scatole.

  • Il personaggio di Nally mi ha colpita in modo particolare. Lei è una contraddizione vivente: è forte e fragile, cerca di stare alla larga dall’umanità ma se ne interessa ai limiti della legalità se c’è da fare chiarezza, come nel caso in cui si imbatte durante il suo primo incarico da medico legale. Come costruisci i tuoi personaggi? Com’è stato quando Nally ha bussato per la prima volta?

Praticamente avrei fatto prima a far rispondere lei a tutte le domande. E invece adesso si arrabbierà perché la metterò un attimo da parte, tanto poi, come sempre, faremo pace. La metto per un secondo da parte perché attorno a lei ruotano diversi personaggi, tutti con la loro importanza. C’è il capo, c’è l’incapace, c’è il raccomandato, il complice, la spalla, il cattivo… Ogni personaggio è arrivato da sé. Un giorno ho aperto un quaderno e ho buttato giù il profilo personaggio di quelli che pensavo sarebbero stati gli unici tre protagonisti. Quando ho iniziato a scrivere Incisioni (ho deciso il titolo prima ancora di iniziare a stendere la prima bozza, lo faccio sempre, ahimè) mi sono accorta di quanto mi fossi illusa a pensare che sarei riuscita a gestire i giochi solo coi personaggi che io avevo creato. E allora li ho lasciati fare. E ho dato udienza a tutti. Finché mi sono ritrovata a dover chiedere io udienza a loro.

Ps: Ho un mio personaggio preferito. Si chiama Antonio. Mi piacerebbe tanto avere un Antonio nella mia vita e lo ringrazio per essere piombato tra le pagine di questo romanzo senza alcun preavviso.

  • C’è un autore che ti fa dire: “Da grande voglio scrivere come lui?”

Ora potrei ostentare tutta la mia conoscenza del poliziesco e sparare tutti i più grandi nomi del genere, anche un po’ a caso, giusto per darmi un tono, ma la verità è che chi mi ha spinto a fare il grande passo da lettrice a scrittrice è stato Sandrone Dazieri col suo Uccidi il Padre. Quindi adesso sapete con chi prendervela.

  • Se, come dice Garcia Marquez parafrasando Sciascia, “l’aneddoto è soltanto il pretesto per radiografare un microcosmo sociale”, quale visione della società attuale filtra attraverso le tue pagine?

C’è una scena del mio romanzo a cui sono particolarmente legata e mi permetto di dire, con tutta la modestia del mondo, che esplodo di gioia quando qualche lettore mi fa i complimenti per come sono riuscita a congelare quel momento, quella situazione, rendendo il contesto quanto più reale possibile. È l’alba; siamo alla stazione Termini di Roma, tra partenze di treni sempre in ritardo, snodo di metropolitane che puzzano di urina e capolinea di bus che sanno di sudore, venditori di rose e dignità; gente che corre nascosta nei primi cappotti autunnali, nelle prime sciarpe, sotto i primi cappelli; è gente che corre al lavoro, che forse passerà ore nei mezzi pubblici, forse si addormenterà appoggiata alla spalla di uno sconosciuto, gente che non sa dire con certezza a che ora rientrerà a casa, che nemmeno ci pensa più al tempo che passa, che corre, che scorre; gente svuotata… Ho scelto Roma come scenografia del mio romanzo perché credo che se un personaggio come Nally fosse nato altrove non avrebbe avuto nulla da raccontare. È questa la “mia” personale visione della società odierna. Sporca, volgare, violenta, ritardataria, puzzolente, degradata, ma che conserva sempre, per chi è capace e ha voglia di vederle, una bellezza e una sontuosità immortali.

  • Puoi parlarci dei tuoi progetti a breve/medio termine?

Vorrei tanto prendermi una vacanza di sei o sette anni. Possibilmente in un luogo fresco e isolato; ho problemi col caldo e con la gente. Se invece, come sospetto, parliamo di scrittura, spero che Nally potrà continuare a raccontare la sua storia e a fare casini come solo lei sa fare. Nel prossimo caso ritroveremo vecchie conoscenze e ci sarà una new entry che non vedo l’ora di presentarvi. Dunque, se dovesse sfumare il progetto della vacanza, magari ci si rileggerà qui tra non molto.

Ti lascio con l’augurio di rivedere presto Nally all’opera.

Ciao!

Grazie per l’ospitalità e buone letture a tutti.

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Claudia Cocuzza e Denise Antonietti