L’impresa di pitea di Francesco Gioia

Dalla quarta di copertina

Nel IV secolo a.C., il principe greco Pitea conduce un’esistenza felice a Massalia (l’odierna Marsiglia). È un sovrano duro ma giusto e onesto, amato dalla gente e dalla sua famiglia. Ma proprio mentre passeggia insieme alla moglie Niobe e alla figlioletta Cloe al di fuori delle mura cittadine, un inaspettato rapimento stravolge per sempre la sua vita.

Pitea viene trascinato nella lontana Taranto, dov’è costretto prima a lottare fino alla morte in sanguinosi combattimenti contro guerrieri forti e disperati come lui, e poi ad accettare il temibile patto che gli viene imposto da Fedro, il tiranno della “perla della Magna Grecia”. Fedro vuole riconquistare il favore dei tarantini rintracciando la giovane Patusa, figlia del grande e indimenticato governatore Archita, che anni addietro è stata venduta dagli iapigi a misteriose tribù celtiche sulla lontana isola di Albione. E solo un eroe come Pitea può riuscire a riportarla a casa.

Ha inizio così un viaggio epico e avventuroso per mari e contrade inesplorate. Pitea dovrà superare il ferreo controllo dei cartaginesi sui mari e attraversare le colonne d’Ercole: un’impresa che sarebbe ardua anche per un eroe omerico, ma che Pitea non può rifiutarsi di tentare se vuole riabbracciare la moglie e la figlia.

Tra lotte, congiure e passioni amorose, un romanzo entusiasmante, che ci porta in un periodo storico ricco di fascino e seduzione.

Intervista di Maria Elisa Aloisi

  1. IL SUO LIBRO È STATO NELLA DECINA VINCENTE DEL CONCORSO “FAI VIAGGIARE LA TUA STORIA 2021” ORGANIZZATO DAL GRUPPO DE AGOSTINI, RICEVENDO ANCHE LA MENZIONE SPECIALE DELLA GIURIA. COME LE È VENUTA IN MENTE L’IDEA DI SCRIVERE UN ROMANZO SULLA MAGNA GRECIA?

Sono un amante della Storia, da sempre, in particolare di quella Antica. Essendo pugliese, originario di Taranto, mi ha sempre affascinato immaginare come sarebbe potuta essere Taras, la perla della Magna Grecia, Taranto appunto, tanti secoli fa. All’epoca la città aveva raggiunto livelli eccelsi di civiltà. È istintivo fare un triste paragone alle condizioni attuali della città, con il mostro siderurgico che la divora, in tutti i sensi.

  • QUAL È STATO IL PERSONAGGIO PIÙ DIFFICILE DA INTERPRETARE?

Nessuno in particolare, forse adesso che ci penso, Nefarti, il consigliere del tiranno di Taranto. È stato un personaggio difficilmente da definire per la sua stessa doppiezza e la natura imprevedibile. 

  • PERCHÉ IL VIAGGIO DI PITEA ALL’ISOLA DI ALBIONE?

Ho immaginato un viaggio, da Taranto fino alle sponde di Albione, per i tempi un’impresa incredibile. Certamente ho subito delle suggestioni omeriche e di qualche colossal cinematografico. Il viaggio mi è sembrato la maniera migliore per toccare diversi mondi, protagonisti di quell’epoca (parliamo del IV secolo a.C.): i tarantini, i cartaginesi, i siracusani, ma anche antiche popolazioni del nord Europa, i dumnoni e i pitti.

  • CHE SIGNIFICATO HA VOLUTO DARE AL PROTAGONISTA?

Il protagonista, Pitea di Massalia, è stato un cartografo ed esploratore realmente esistito, originario di Massalia, una polis greca (l’attuale Marsiglia). Me ne sono impossessato trasformandolo in un principe, un guerriero indomito, un trascinatore di uomini. Raccoglie in sé le virtù e le debolezze proprie di ciascun uomo, il quale, alla fine, è più o meno sempre lo stesso in qualsiasi contesto storico lo si voglia calare. Ha un alto senso della Patria, della famiglia, dell’onore, ma non è immune dalle lusinghe della vita, come tutti. La sua caratteristica, di ciascuno può essere capace, è quella di riuscire a reagire affidandosi alle proprie energie per riscattare i propri errori e contrastare un destino avverso, per poi “riprendere la retta via.”.  

  • IL ROMANZO È AUTOCONCLUSIVO, MA SI PERCEPISCE ANCHE UN “DOPO”.

Sì, è vero. È un  romanzo che per alcuni personaggi lascia in sospeso dei legami. Ci potrebbe essere un sequel, anzi, ci sarà sicuramente.

  • C’È STATA QUALCHE FORZATURA NEL ROMANZO, E SE SI, QUALE?

Trattandosi di un romanzo di genere storico, ma pur sempre un romanzo di avventura, ho dovuto fare delle forzature. Me ne vengono due in mente: la civiltà molto sviluppata della popolazione dumnona nel sud dell’attuale Regno Unito e la conoscenza della lingua greca da parte del re di quel regno e di alcuni componenti della sua corte.

  • IL SUO NUOVO LIBRO, “LA PLACIDA QUOTIDIANITÀ DEL MALE”, È RIENTRATO ANCHE QUEST’ANNO NELLA DECINA DEI VINCITORI DEL CONCORSO “FAI VIAGGIARE LA TUA STORIA. PUO’ DARCI QUALCHE ANTICIPAZIONE?

Ho cambiato decisamente genere rispetto a “L’impresa di Pitea”. Questo romanzo, infatti, è un giallo tutto italiano ambientato ai giorni nostri nella città di Bologna, dove vivo da circa 20 anni. È un thriller e non posso anticipare molto se non che riguarda il caso della scomparsa di una giovane infermiera dell’Ospedale Maggiore, tra i più importanti nosocomi regionali.

Nota biografica

Francesco Gioia (1964) è nato a Taranto e vive a Bologna. Laureato in Economia alla Bocconi di Milano, ha una moglie, una figlia e una irriducibile passione per la storia, la lettura e la scrittura.