Gli abissi dei porci di Alessandro Montoro

Marcus Talon è un matematico svizzero abitudinario. Un giorno, la Coalizione della Terra Unita lo preleva da casa sua. Un oggetto non identificato è comparso dal nulla ed è precipitato nella Fossa delle Marianne. Dal fondale scaturisce un segnale sconosciuto. Ciò che è celato negli abissi è misterioso quanto il concetto di coscienza stesso. Tra coincidenze assurde con una serie televisiva, minacce di pandemie e allucinazioni, Marcus si troverà a fare i conti non solo con le sorti della Terra, ma anche con la sua stessa esistenza.

Recensione

Mi si dovrà perdonare, ma fino a poco tempo fa quando sentivo la parola fantascienza io pensavo da un lato a Star Trek e dall’altro a Asimov, che avevo letto da ragazza e le cui 3 Leggi della Robotica hanno contribuito a darmi una certa tranquillità rispetto al futuro che ci attende.

Poi ho conosciuto quelli che la fantascienza la mangiano per colazione pranzo e cena e mi sono sentita dire “no, ma Asimov è roba vecchia. Adesso non è più così”.

Ah, ho pensato. E allora com’è?

Per scoprirlo, dall’abisso della mia ignoranza in materia mi sono tuffata ne Gli abissi dei porci.

E – a parte un maiale a tre narici che mi guardava dall’oblò – ho avuto qualche altra bella sorpresa.

Numero 1: non è tutto alieno quello che luccica (o contagia, o invade, o… be’ insomma, vedrete voi stessi).

Numero 2: anche le serie tv possono contenere un fondo di verità.

Numero 3: se non siete abituati a leggere cose bizzarre o vi fate sconvolgere facilmente (ma molto facilmente, perché io leggendo non sono rimasta turbata affatto) forse è meglio che restiate tra le consolanti braccia del capitano Jean Luc Picard.

La storia si suddivide grossomodo in due parti: l’indagine sullo strano oggetto precipitato negli abissi, a cui sono tenute a contribuire le più brillanti menti della comunità scientifica, e poi le conseguenze di questo primo contatto.

L’aspetto che forse più mi ha colpita della seconda parte del romanzo è stata la descrizione degli esterni (su cui però non vi posso dire molto): gli scenari, descritti sempre senza indugiare in autocompiacimenti stilistici, con linguaggio asciutto, pratico – da scienziato, insomma, come si addice al punto di vista del protagonista Marcus Talon – richiamano immediatamente alla mente i paesaggi surreali di Max Ernst.

Oltre alla dovuta nota al merito dell’autore per gli studi approfonditi di biologia che evidentemente supportano la credibilità scientifica della storia, vi posso garantire che il romanzo fila veloce come un contagio, in una spirale che trascina il lettore in un crescendo di incertezze, fino allo

scioglimento finale – che non definirei esattamente un happy ending, ma che dà un senso impeccabile a tutte le parti di informazione frammentaria raccolte strada facendo.

Insomma, se siete disposti a sospendere l’incredulità e farvi trasportare in un futuro destabilizzante e non troppo lontano, cominciate ad allacciare le cinture, e seguite Marcus Talon nelle profondità degli Abissi dei Porci.

Denise Antonietti