Il potere delle immagini

Oggi più che mai, come raccontava Matteo in 2021, L’Uomo ritorna nella Storia, ci accorgiamo di esser parte della Storia, quella che una volta leggevamo in maniera distaccata sui libri e su cui eravamo impegnati solo per un bel voto a scuola.   

La storia ci scorre attorno, come sempre, ma più intensamente per il veloce susseguirsi di momenti importanti e storici che stiamo vivendo.

E se la storia vive, e la viviamo, attraverso le immagini, esistono alcune istantanee che entrano a far parte della storia stessa. Si chiamano “Image icons“, le immagini iconiche, quelle che fermano per un istante la storia e che ti entra dentro, ti rende l’idea dello scatto, del momento, quell’emozione che pervade l’aria ed è stata sospesa in quello scatto.

La fotografia è entrata prepotentemente, nel XX secolo, all’interno del racconto degli eventi, guerre e attualità politiche/sociali che hanno sfruttato fin da subito le potenzialità narrative della nuova tecnologia.

Fin dal lontano 1855, durante la prima guerra di Crimea, robe da libri di scuola ve l’ho detto no?, nasce il foto-giornalismo. Roger Fenton è stato spedito in battaglia come primo foto reporter a testimoniare i successi dell’esercito di sua Maestà. 

Da allora la tecnica fotografica ha subìto grandi evoluzioni, con l’esponenziale sviluppo tecnologico del XXI secolo abbiamo visto un velocizzarsi della diffusione delle immagini, anche attraverso le evoluzioni stesse del giornalismo e di internet.

E se lo strumento fotografico ha subìto varie evoluzioni nel corso della storia, la figura del fotoreporter è rimasta sempre lì, con lo stesso scopo: “ricordarci che il mondo è anche un inferno”, perché quello che vediamo come prodotto finale, quell’immagine che raccoglie emozioni e storie, ci fa dimenticare di chi, dietro a quella fotocamera, lo sta vedendo e vivendo realmente.

Se una fotografia non è buona vuol dire che non eri abbastanza vicino

Robert Capa

Robert Capa, un pioniere, che iniziò a cambiare il volto del giornalismo con le foto in azione, buttandosi letteralmente nel campo di battaglia come qualsiasi soldato semplice, imbracciando l’arma che per lui era più potente di un fucile qualsiasi. La macchina fotografica.

E così nacquero le foto iconiche dei grandi eventi storici. 
Quelle che difficilmente si dimenticano perché raccontano la storia da DENTRO la Storia.

E finiscono per diventare loro stesse a fare la Storia

Le immagini icona, sono un simbolo, un’icona eletta e rappresentativa di quello specifico momento diventato poi immaginario collettivo di determinati momenti storici.

Prendiamo per esempio il bacio a Times Square tra il marinaio e l’infermiera, foto simbolo della fine della seconda guerra mondiale, o la bambina nuda in strada che scappava dal villaggio bombardato con il Napalm della guerra del Vietnam, o ancora il ragazzo di fronte al carro armato in piazza Tienanmen.

Icone di un tempo, una frazione di secondo impressionata in un unico scatto, tutta una serie di emozioni, storie e racconti che in un momento arrivano, ci emozionano e ci impressionano, nel bene e nel male.

Ad oggi, il primo grande evento mediatico che ha rivoluzionato il modo di vedere il mondo del reportage è stato l’11 settembre. Il primo grande evento che è stato narrato non solo da voci professionali, come giornalisti e fotoreporter, ma narrato anche dalle voci della strada, turisti, persone comuni, che con i primi telefonini, le telecamere e le macchine fotografiche private hanno ripreso e impressionato in quelle pellicole o bytes milioni e milioni di foto di quegli eventi.

La più grande raccolta fotografica di testimonianza che ha cambiato il modo di narrare per sempre la storia.

Da quel punto in avanti Internet, e la velocità di esposizione delle foto, hanno sempre più preso posto nella vita quotidiana di tutti noi, rispetto al racconto storiografico a cui eravamo impegnati ad assistere. Oggi possiamo tutti essere testimoni, con i nostri smartphone, di un evento storico.

Tant’è che oggi non vengono più chiamate “Icons”, immagini icone, ma vengono chiamate “Hypericons”, perché corrono sul filo dell’iperconnessione e della velocità di Internet, e per questo esponenzialmente “ingrandite” dalla rete.

Quelle che in gergo comune vengono rivelate come immagini virali e diventano di larga diffusione subito, creando un flame sull’argomento, per poi spegnere la propria fiamma con la stessa velocità con cui si son infiammate.

Cosa ci rimane di tutto questo bombardamento mediatico di immagini?

Quanto rimane in noi delle Hypericons che si diffondono così velocemente sul filo di Internet per poi dissolversi e venir sostituite molto velocemente da altre subitanee immagini?

Una cosa è certa, e la stiamo scoprendo in questi giorni.

Le immagini restano la più grande potenza mondiale che ci fa comprendere quanto siamo dentro alla Storia. 

Il dubbio è: quanto queste mitragliate ci colpiranno e resteranno dentro di noi lungo la nostra storia, e quanto si dissolveranno come fischi nell’aria intorno a noi, scorrendo e lasciando spazio a altro?

La ricordate ancora la sensazione che vi ha dato l’immagine della bambina afgana atterrata saltellante in aeroporto la scorsa settimana? O l’avete già scrollata in basso sostituendola con nuove immagini?

Alessandra Collodel