Il principio di Archimede

Alcuni giorni son più pesanti degli altri.

Mi sveglio stanca, non so mai quale sia la ragione. Penso, ho dormito più di 8h. Ieri ero tranquilla, non ho ansia… Eppure…
Alcuni giorni son più pesanti degli altri.

Mi alzo dal letto, mi preparo una colazione abbondante, perché se queste giornate si devono affrontare, bisogna farlo con un sacco di energie in corpo. Con la tazza piena di tisana calda guardo fuori. È un tempo tipicamente novembrino.
Il cielo è grigio, il sole filtra però tra le nuvole, forse non è nuvolo, è nebbia alta.
L’atmosfera è ferma, come nel momento precedente ad una nevicata, in cui tutto si ferma proprio prima del primo fiocco di neve, ma non nevica. Rimane tutto sospeso, denso, come se anche l’aria sentisse quella pesantezza che mi aggravava quando mi son alzata dal letto.

Mi siedo a tavola a far colazione, accendo lo smartphone, leggo le notizie. E mi chiedo perché. Notizie negative ovunque. Non fa bene, soprattutto in certe giornate. Ma spiega, forse, anche quella pesantezza e quell’atmosfera ferma.

Quello che ci circonda rispecchia quello che viviamo e quest’atmosfera è il sintomo di tutta questa densità di emozioni, notizie, emozioni negative che, anche se non vogliamo ci acchiappano portando con sé sconforto, rabbia, frustrazione… tutte lì, in ogni goccia, in ogni respiro.

Eppure…

Eppure il mondo non è solo quello. Non è tutto lì in quel lato della medaglia che percepiamo costantemente. Esiste anche il rovescio, fatto di speranza, di luce e di tutte quelle emozioni che contrastano la negatività è che son fondate sull’amore.

In questi momenti ho sempre una energia dentro di me che mi porta a viaggiare dentro una bolla protettiva. Sarà uno spirito di auto conservazione che ho imparato negli anni, sarà lo spirito di sopravvivenza che prevale, ma anche in questi giorni, il mio corpo e la mente non si lasciano abbandonare allo sconforto. A volte succede, poi un pianto, uno sfogo, e passa sempre.
Mi isolo un po’ dal mondo esterno e cerco il centro dentro di me, al di là di tutto e di tutti e guarda l’altro lato della medaglia.
Qualcuno la chiama resilienza, altri resistenza. Son termini che ho sempre mal sopportato perché se resisti crei dell’attrito, e creare un attrito è un ulteriore spreco di energie e forze che impieghiamo per opporci a quella forza che ci viene addosso, mentre dobbiamo cercar di essere come un giunco che si piega al vento ma non si spezza. O come l’acqua.

Sarà che sono nata a Venezia, il Sior Pare direbbe in campagna perché non son nata in centro storico, ma l’acqua scorre anche in terraferma, ve lo giuro! L’acqua a noi veneziani scorre proprio nelle vene, nell’anima. In qualche modo ci ha plasmati, con il suo ondeggiare ed il suo scorrere, ci ha scolpiti, resi malleabili, adattabili e flessibili, proprio come un’onda del mare.

Ci adattiamo al contenitore, riusciamo a essere flessibili per passare attraverso fessure che pensavamo esser invalicabili, arriviamo in posti che nemmeno riuscivamo a vedere perché erano al di là di un foro su un muro, penetriamo e ci addentriamo nelle superfici che ci assorbono e ci fanno passare. Andiamo su e giù con la marea, ondeggiamo come una barca sulla superficie o in profondità spostiamo pian piano sassi pesantissimi. Sempre con la costanza e la pazienza di cui solo l’acqua è ricca.

L’acqua cheta rovina i ponti dice un detto.
È lì, e pian pianino scava, corrode, lavora giorno dopo giorno, anche se non si vede… e rovina i ponti, li plasma. Con la pazienza e la calma irrompente che solo l’acqua può avere.

Senza accorgermi in questi momenti sono acqua… No, non rovino i ponti. Ma ondeggio.
Mi adatto al contenitore che mi sorregge, e se il contenitore si rompe, scorro alla ricerca di un altro contenitore a cui adattarmi.
In questo periodo difficile, di cambiamenti, di stress forzato dato da questa pandemia, ho imparato a mettere a frutto questa caratteristica veneziana. Farmi acqua.

È un scelta. Potrei creare attrito e sprecare molte energie resistendo a ciò che mi circonda. Oppure potrei essere acqua, adattarmi, ondeggiare e essere parte della corrente. Che non significa lasciarsi trasportare dalla corrente, ma esserne parte, partecipe e muovermi con essa.

Alcuni giorni son più pesanti degli altri.
Ma nell’acqua il peso, secondo il principio di Archimede, viene sorretto da una spinta uguale allo spostamento che crea nell’acqua. Più siamo pesanti e più veniamo spinti.
E questa immersione protegge, fa ondeggiare nell’acqua con il cambiamento e si muove con questo.

Con la calma e la pazienza che solo l’acqua può avere, nel muoversi, nello spostarsi, nello spingere, respingere e poi galleggiare e, soprattutto… stare.

Eccolo il principio di Archimede.

Alessandra Collodel