Solo accettando la nostra debolezza realizzeremo i nostri sogni

Viviamo in un’epoca in cui le fragilità appaiono una cosa necessaria per farci evolvere. Spesso ci sentiamo chiedere: “Ma tu ti vuoi bene?“. A volte rispondiamo di sì, quasi sempre mentendo, oppure la risposta è no a cui fa seguito la spiegazione del tipo: “Non sono stato abbastanza amato“. Qualcuno dice che solo chi si è sentito tanto amato può a sua volta amare. Questo significa portare l’amore nel luogo delle spiegazioni, delle definizioni. Ipotizziamo invece che nel nostro profondo esista un luogo sacro in cui l’amore sgorga spontaneamente, e quindi la nostra ricerca e le nostre spiegazioni servano a portarci lontano da quel luogo. Non è possibile sforzarsi di volersi bene, lo sforzo risulta pericoloso ed inutile, forse possiamo solo riuscire a piacerci un po’, perché l’amore è intero solo quando si libera dall’oggetto. Nel senso che non amiamo mai qualcuno, o qualcosa, o noi stessi; ci sembra che sia così in realtà è solo un’illusione. Il fatto è che siamo catturati da questo fluido, misterioso e magico. Non occorre amarsi, serve solo AMARE. Occorre solo far posto all’amore e l’amore farà la sua parte.

C’è molto orgoglio in chi afferma di non poter amare perché non si è sentito amato. Bisogna scendere nelle profondità di sé per cercare il nostro tesoro nascosto, la nostra sorgente.
È il fatto che siamo troppo concentrati su di noi che ci impedisce di amare.
Se chiediamo ad un bambino se si vuole bene, difficilmente ci saprà rispondere perché i bambini si lasciano vivere dall’amore, per questo vivono la felicità in modo totale.
La vita non ci chiede di volerci bene, ma di accettare ciò che c’è dentro di noi. Soprattutto quello che non ci piace.

Solo accettando ciò che abbiamo dentro, anche i nostri lati “brutti”, possiamo diventare ciò a cui siamo destinati. Accettarsi non è piacersi e in questo senso è molto più importante che volersi bene.
Ci vuole coraggio per fare questo, vuol dire che ogni giorno siamo disposti ad accogliere la parte negativa di noi senza giudicarla. Chi segue un percorso di psicoterapia e lo ha fatto davvero suo, impara a stare con se stesso senza alcun giudizio, si osserva e aspetta di vedere cosa la sua interiorità gli palesa. Allora accoglie i brutti pensieri, la rabbia, l’impotenza, l’invidia, le inquietudini. Accoglie ciò che arriva alla coscienza. Soprattutto la parte oscura perché non c’è nulla che ti innalza come l’incontro con il tuo inferno.

I grandi psicoterapeuti sanno questo, lo hanno sperimentato sulla propria pelle, sanno che se vuoi sollevare un individuo dal fango in cui si è impantanato, non devi starne al di fuori porgendogli il tuo aiuto. Devi entrarci in quel fango, non devi avere paura di sporcarti. Un grande terapeuta non ha ideali, non ha scopi da raggiungere, accetta tutto ciò che ha dentro e così facendo accetta l’Altro e il suo mondo così com’è.

Lo psicoterapeuta sa che aiuterà il paziente se riuscirà a stare con lui, restando se stesso e agendo in base a ciò che prova. Non è solo fidarsi delle proprie sensazioni ma è soprattutto disponibilità ad arrendersi ai caratteri trascinanti del modo in cui vive il paziente.
Quindi sporcarsi e accettarsi vuol dire ammettere di essere sporchi, smettere di attribuire agli altri le colpe di ciò che siamo o delle nostre capacità di amare noi stessi e gli altri. Vuol dire accettare ogni sensazione che passa dentro di noi, nel profondo della nostra anima, solo questo ci renderà capaci di amare.

Accettarsi senza giudicarsi, senza voler spiegare, accettare ogni istante la presenza anche dei brutti pensieri, questo ci rende liberi. Importante è restare in contatto con ogni nostra parte in modo da non farci la guerra.
Quando non siamo più in guerra con noi stessi, quando ci accettiamo così come siamo, quello è il giorno più bello della nostra vita. È in quel momento che sgorga l’amore per noi, per gli altri, per il mondo. Accettarsi è tutta la vita: amarsi, volersi bene, stimarsi appartiene solo ai mediocri che vogliono stare nel branco, innamorati dei luoghi comuni e delle parole vuote.

Maura Luperto