Il medioevo del calcio femminile

Stai zitta tu, che sei una femmina, non puoi parlare!

Aprile 2021, campionato di Serie A2 di calcio a 5 femminile. Scontro tra prima e seconda classificata, chi vince viene promossa direttamente in Serie A, l’altra dovrà giocarsi la promozione ai Play-off.

Doveva essere una bellissima domenica di sport, nonostante le tribune del palazzetto “Olof Palme” di Cadoneghe (Pd) fossero per forza di cose ancora vuote. Una partita di quelle indimenticabili. E lo è stato davvero, ma non per i meriti delle giocatrici.

In un Paese come il nostro, dove tuttora si sta discutendo per avere una legge contro le discriminazioni di genere, ecco che, per l’ennesima volta, un arbitro si permette di denigrare una giocatrice per il semplice fatto di essere… donna.

Ricordo quando iniziai a giocare a calcio, a fine anni ’90. Gli sguardi straniti delle persone solo a vedermi camminare con la tuta e il borsone con scritto “calcio femminile“. Commenti ingiuriosi di dirigenti e allenatori delle società maschili “Quelle XXX mi rovinano il campo!“. Le facce di molti arbitri, tra lo svogliato e l’incazzato, per trovarsi di domenica pomeriggio ad arbitrare delle “femmine“. Altri invece per fortuna erano incuriositi e a fine partita ci facevano i complimenti. Erano pochi all’epoca quelli che ci trattavano semplicemente come atlete.

È successo molto volte di essere offese, insultate, emarginate. “Tornatene in cucina, che ne vuoi sapere tu di calcio!”Vi sto solo facendo un favore” “Sono qui in punizione, non me ne frega un XXX di voi XXX“.

Con il passare degli anni le cose sono decisamente migliorate. Anzi, molti arbitri dopo aver provato l’esperienza del calcio femminile tornavano molto volentieri ad arbitrarci. Ormai anche per loro era diventata consuetudine che le ragazze possano e sappiano giocare a calcio.

Sinceramente nel 2021 e soprattutto in un campionato nazionale come quello di Serie A2 di calcio a 5, non avrei mai immaginato di risentire quelle parole. Ed è stato come un pugno allo stomaco, come tornare indietro di vent’anni in un solo attimo. Anni di battaglie, di litigate, ma anche di forti amicizie create.

Ho sempre portato rispetto per gli ufficiali di gara e ho sempre invitato le mie compagne di squadra prima, e le mie giocatrici poi, a far altrettanto. Sbagliamo noi un passaggio, possono sbagliare anche loro. Siamo umani, e imperfetti. Sbagliano in Serie A che sono in 4 e con l’ausilio del Var, vuoi che non prendano una decisione errata per una partita di calcio femminile?

Ma qui non si tratta di errori arbitrali, qui si tratta di rispetto.

Nonostante tutti gli sforzi dell’Uefa con le campagne #respect e #equalgame, delle società e loro tesserati/e, degli addetti ai lavori per portare il professionismo sportivo femminile anche in Italia, nonostante tutto, ancora una volta ci troviamo a commentare frasi sessiste e discriminatorie. Non dal becero tifoso (basta guardare una qualsiasi pagina dedicata al calcio femminile per trovare tuttora commenti sessisti di ogni tipo), ma da un ufficiale di gara. Un arbitro. La persona che dovrebbe essere imparziale e permettere che uno spettacolo stupendo, come può essere una partita così importante, abbia luogo nel modo migliore.

È questo che fa rabbia. È questo che dobbiamo sradicare dalle convinzioni delle persone. Perché lo sport dovrebbe essere di tutti e per tutti.

Anche per delle “femmine” che vogliono correre dietro a un pallone.

Anna Bigarello