Intervista con l’autore: Simone Toscano

Ciao Simone, ti sei già cimentato in diversi generi narrativi. Di cosa parla il tuo ultimo libro?

Mi piace scrivere e mi diverto a sperimentare diversi generi, è vero. Sono partito con Il Creasogni che era un romanzo “fiabesco”, un incrocio tra “Il piccolo principe” e “Big fish”. Poi sono tornato alla mia professione – cronista giudiziario – nella sua asciuttezza massima, e ho scritto un libro inchiesta su una vicenda di cui mi ero occupato per lavoro e che mi aveva toccato nel profondo: l’omicidio del piccolo Lorys Stival per mano della madre Veronica Panarello. Un libro scritto a più mani con il padre del bambino, Davide Stival, e il suo avvocato Daniele Scrofani.

Nella mia convinzione che scrivere serva a portare dei messaggi di crescita mi sono poi lasciato andare nel racconto di una storia di vita esemplare e bellissima, quella di Malena, una ragazza che poco più che ventenne ha affrontato un tumore, ha perso una bambina e ora vive con un solo polmone e tanti altri  problemi di salute, ma che non smette di splendere e di essere d’esempio.

Ora era arrivato il momento di decarmi ad altro: alla mia città, a Roma e ai suoi dintorni, alla sua storia, al suo fascino che ti avvolge e ti rapisce. È così che è nato: “Luoghi segreti da visitare a Roma e dintorni”, pubblicato con la Newton Compton. Un volume molto ampio (quasi quattrocento pagine) con oltre novanta capitoli in cui, come fossero tanti mini romanzi, raccontiamo storie ed emozioni di posti davvero sconosciuti “al grande pubblico”.

Quali sono i tuoi autori di riferimento?

L’elenco sarebbe infinito e mi sentirei di fare torto all’uno o all’altro. Diciamo così: mi piace talmente spaziare da un genere all’altro che tutto dipende dai periodi, posso passare da Antoine de Saint Excupérie a Pirandello, fino a Camilleri. Diciamo che mi piacciono anche tutti quelli che sanno giocare con le parole e si cimentano con linguaggi diversi tra loro, alla Calvino, per intenderci. Un autore che mi è piaciuto ma che non ha mai avuto il successo a mio avviso meritato è Cristiano Cavina.

Scegli un personaggio della letteratura come compagno di viaggio. Dove lo porti in vacanza e perché proprio lui.

Mi sembra un bel gioco, questo. E per giocare bisogna essere un po’ bambini: quindi porterei con me Gianni Rodari, di cui recentemente si è celebrato il centenario della nascita. Lo porterei in viaggio in un mondo immaginario fatto di parole, in cui sono sicuro riuscirebbe a farmi piacere anche quelle che non riesco a mandare giù, come “resilienza”. Lo immagino giocare con le rime, dipingere mondi alternativi. Oppure – se proprio dovessi portarlo in un luogo fisico – andrei con lui in qualche giardino incantato disegnato da un architetto “visionario”: non so, il Parc Guell di Barcellona, il Parco dei Mostri a Bomarzo, i castelli incantati di Sintra in Portogallo. O il Giardino dei Tarocchi vicino Capalbio.

Quando pensi a una nuova storia da scrivere in genere da quale suggestioni parti.

Sicuramente da qualcosa che conosco. Considero il mio lavoro il più bello del mondo, perché ti permette di conoscere ogni aspetto della società, di incontrare migliaia di persone ogni anno, di conoscere storie che sembrano davvero uscite da un libro. Ogni volta provo a “catalogarle” mentalmente, soprattutto le più strane, come a dire “le metto da parte, magari mi torneranno utili per un libro”. Poi provo ad unire quelle con i tratti distintivi delle persone e dei luoghi a me cari. Non ho ancora superato il limite di rimanere ancorato a cose che conosco, sono la mia coperta di Linus.

Gli scrittori si dividono in due categorie quelli che organizzano scalette precise, quelli che si lasciano guidare dall’impulso. Tu a quale categoria appartieni?

Alla categoria di mezzo: credo sia necessario avere un “canovaccio”, un minimo schema mentale almeno. Della trama e dei personaggi. Poi si va man mano a “rimpolpare” lo spazio tra un punto e l’altro della scaletta, con personaggi, descrizioni e dialoghi. Sono anche un sostenitore delle mille e mille revisioni, prima del via libera finale: a tagliare si fa sempre in tempo. E mi piace appoggiarmi ai consigli di poche ma fidatissime persone a cui far leggere il manoscritto prima di consegnarlo definitivamente.

Ci leggono tanti scrittori esordienti, dai loro un consiglio.

Dirò due cose in antitesi tra loro: il primo consiglio è di scrivere, scrivere, scrivere. Sempre, tanto e il più possibile, provare a vivere la scrittura come la creazione di un mondo, un’esperienza catartica in cui proiettarci, far vivere i nostri valori (magari) o giocare a ribaltarli. Il secondo consiglio è quello di farlo con umiltà: troppo spesso mi pare di leggere – nei forum o gruppi facebook dedicati agli scrittori – un eccessivo narcisismo, l’essere pronti a giudicare gli altri con la penna blu, senza però rivolgerla mai verso se stessi. Per lavoro mi capita spesso di dover seguire e a volte “correggere” i testi di altre persone: non provo piacere nel farlo, sono rigoroso e rompiscatole ma lo sono ancor di più con me. Eccedo nell’autocritica semmai. Insomma, la giusta via di mezzo credo sia questa: scrivere per divertirsi, per poi – in ogni caso – rivedere con occhio critico il proprio lavoro, senza abbandonarsi al facile “io scrivo così, chi non capisce è un idiota”. Non è così, bisogna sempre, dico sempre, tenere a mente il nostro “target”, il lettore a cui vogliamo rivolgerci. È una questione di rispetto, verso chi ci legge e verso noi stessi.

Simone Toscano (1981), giornalista. Lavora a Mediaset dal 2005, prima nella redazione del TG5 poi per la testata Videonews. È inviato del programma Quarto Grado, responsabile dei servizi giornalistici del programma Dritto e Rovescio e conduttore per il canale all news TGCOM24. Ha già pubblicato il romanzo Il Creasogni (Ultra edizioni), il libro inchiesta “Nel nome di Lorys” (Piemme) e il toccante “Io Splendo” (Baldini+Castoldi).