Essere gentili è figo e fa stare bene

Sabato 13 novembre, Giornata mondiale della gentilezza.

Se abbiamo avuto bisogno di istituirla, viene da pensare che non sia un valore tanto scontato.

E in effetti non lo è. Essere gentili non va granché di moda.

Prendete un qualsiasi talk show o, per parlare come mangiamo, un salotto televisivo: sembra una gara a chi urla di più e chi riesce a sovrastare l’altro alla fine appare vincitore, quello che ha ragione.

Se questo è l’esempio che entra nelle nostre case e che i nostri figli recepiscono, non c’è poi da stupirsi dei vari episodi di bullismo & co.

Ebbene, vi do una notizia, che non è una novità ma, si sa, repetita iuvant: esercitare la gentilezza non solo è più figo ma è anche un investimento a lungo termine sulla nostra salute.

Lo dimostrano vari studi sociologici condotti tra studenti di età diversa: i bambini o i ragazzi più miti, cortesi e disponibili a prestare soccorso al prossimo sono risultati quelli con il seguito in amicizie più stabile e duraturo. Quindi dimostriamo il nostro primo postulato: essere gentili è figo.

Passiamo agli effetti dell’esercizio della gentilezza sulla salute.

Qui potrei citare il National Institute on Aging di Baltimora o l’American Hearth Association, e li cito pure, ma oltre queste istituzioni, molte altre hanno condotto studi in tal senso: essere gentili allunga la vita. Un po’ come la telefonata del celebre spot anni ’90 con Massimo Lopez, solo che in questo caso parliamo con dati alla mano.

Esercitare la gentilezza incrementa la produzione di serotonina, la cosiddetta molecola della felicità; stimola la produzione di ossitocina, per cui agisce positivamente sui parametri pressori e riduce anche l’incidenza di arresto cardiaco e ictus; ha un effetto di protezione neuronale e quindi aiuta a mantenere il cervello giovane più a lungo; tiene a bada ansia e stress, grazie alla stimolazione della sintesi di endorfine e all’abbassamento dei livelli di cortisolo. E se ci sono più endorfine in circolo, anche i doloretti si faranno sentire di meno.

Vi sembra poco? A me no.

Ma perché dico “esercitare la gentilezza”? Perché la gentilezza è contagiosa, si può praticare e insegnare agli altri a praticarla. Dipende dai nostri neuroni a specchio, quelli che ci fanno sbadigliare se vediamo una persona che sbadiglia, per intenderci. Ecco, allo stesso modo, se durante una lite, anziché alzare la voce ˗ e forse anche il dito medio ˗ si risponde con un sorriso, chi abbiamo di fronte rimarrà spiazzato e sarà spinto ad adeguarsi al comportamento. Certo, prima contiamo fino a dieci, ma ne vale la pena.

Provare per credere.

Dal mio angolino è tutto, alla prossima!

Dr.ssa Claudia Cocuzza

P.S.: Dalla dimostrazione del postulato n°1 consegue che la redazione de “Il giornale delle buone notizie”, composta da scrittori gentili, è fighissima.