La Paperella

C’era una volta una piccola paperella tutta gialla. Beh, quasi tutta gialla. Il piccolo becco e le zampine erano tutte colorate d’arancione, eccezion fatta per il dorso della zampa sinistra: proprio lì, c’era una macchietta marrone. Vi potreste immaginare che questa paperella venisse presa in giro dai suoi amichetti per via del puntino marrone sulla zampa; invece no. I suoi amici e i suoi fratelli le volevano bene, con o senza la macchia.

Mamma papera la amava moltissimo, così come suo padre. E già, la nostra paperella era una delle poche fortunate ad avere entrambe le figure genitoriali! E anche lei, la nostra piccolina, voleva tanto, anzi, tantissimo bene ai suoi genitori. “Aspettiamo l’adolescenza, Janice” diceva papà papero alla mamma.

Quasi ogni giorno le paperelle andavano a lezione, nei pressi dello stagno. L’istruttore papero rispettava e aiutava tutti i paperi e tutte le papere durante le sue lezioni. A volte organizzava delle partite di “passa la foglia in acqua”; venivano quindi formate due squadre, rigorosamente miste, e il gioco di squadra era al centro di ogni obiettivo. Alla fine vinceva… nessuna delle due squadre. Esatto, vinceva lo sport! Quack!

Alla piccola paperella gialla sembrava di vivere in un paradiso anatide, dove nessuno soffriva ed era tutto equo, così come dovrebbe essere.

La gioiosa paperella non sapeva che tutto il mondo nel quale viveva si teneva retto grazie alla irreprensibile, in-quack-abile, politica papera. Sembrava una macchina perfetta dove nessuno doveva soccombere per l’altro, nella quale non c’era bisogno di donare parte della propria libertà e delle proprie penne a un ipotetico “Papierano”. Sia papere sia paperi facevano parte dell’attività politica. Quante femmine in percentuale ai maschi? E chi lo sa! A nessun papero sarebbe mai balzata in mente l’idea di contare una cosa del genere!

Quando uno dei tanti individui tra i paperi moriva, era una giornata triste, ma neanche troppo. Si sapeva che la vita aveva un termine e i paperi lo accettavano. Erano in perfetta armonia con la natura e il suo volere…

A questo punto, Brecht prese il foglio che stava scrivendo, un semplice abbozzo di una trama fantastica per una futura sceneggiatura e lo strappò. Dalla finestra sentiva delle urla.

Prese un nuovo foglio ed iniziò a scrivere…

Tempi dannati! È come se Chicago, la brava vecchia serva, la mattina, uscita per il latte e poi scoperto un buco nella tasca, ora cercasse i soldi nel tombino.

Matteo Abozzi