Hawaii Oahu

Oggi è un buon giorno per sognare. C’è un cielo che non vedevo da tanti anni. Azzurro ma di quell’azzurro che ti fa guardare in alto e sospirare, quel vento leggero fresco che ti accarezza quando cammini.

Le cicale cantano e io le adoro. Mi ricordano l’estate e, quando le sento, mi piace rilassarmi. Guardo le tende bianche che si muovono al vento, persiane abbassate al punto di far entrare la luce ma soffusa e ascoltando le mie amiche cicale, sonnecchio e mi lascio andare. Questi, sono i “sonnellini” migliori.

E proprio svegliandomi da un sonnellino, ho realizzato che ero fisicamente alle Hawaii. Chi non ha mai pensato di vedere le Isole Hawaii? Almeno per noi, da questa parte del mondo, è un po’ come andare in un’altra atmosfera. Per me è stato così. Dopo anni di sogni a occhi aperti e dopo alcuni giorni di lavoro a Dallas, ho confermato il mio biglietto e solo la scritta HNL, il codice per l’aeroporto di Honolulu, mi ha fatto impazzire. Non potevo crederci, c’era scritto: “Honolulu, isola di Oahu”.

Stavo andando alle Hawaii.

Già in aereo, il clima è unico e floreale. Le stesse hostess, che normalmente vedi in divise standard, hanno le ghirlande di fiori al collo, fiori tra i capelli e accessori vari molto colorati. I passeggeri non stanno andando solo in vacanza o lì per lavoro, stanno andando alle Hawaii. Quindi, camicie a fiori, tops floreali, cappelli di paglia, occhiali da sole colorano tutto l’aereo.

Quando lasci la costa della California e cominci ad attraversare quel tratto di Oceano Pacifico, che ti porta alle Hawaii, gli occhi cominciano a spalancarsi. Già vedere le coste della California così delineate dall’Oceano, per me, era un’emozione e non vedevo l’ora di vedere i contorni di Oahu e il Diamond Head, il cratere vulcanico che domina l’isola.

Una volta sentito il famoso annuncio, ho cominciato a contorcermi per riuscire a vedere il più possibile dall’alto. Emozione alle stelle, anche perché sarebbe stata la prima volta che avrei fatto surf nel luogo dove era nato (i Polinesiani furono i primi a essere visti da James Cook sfrecciare sulle onde con tavole di legno). Fu il Duca Paoa Kahanamoku, nativo Hawaiano e campione olimpico di nuoto, a far conoscere al mondo l’arte antica del surf.

L’isola di Oahu è, se vogliamo, la più conosciuta e, con Maui, la più visitata.

Honolulu, Magnum PI, Pearl Harbour, la spiaggia di Waikiki, le onde tra le più alte al mondo nel North Shore, Fantasilandia e il Kualoa Ranch, a nord dell’isola, dove il primo Jurassik Park ha trovato il suo set.

Una volta atterrati, la scritta “Aloha”, in rosa, sulla torre dell’aeroporto, vi accoglie come un abbraccio e si comincia già a respirare l’atmosfera dell’isola. Vedo i miei fiori preferiti, l’Ibisco e il Frangipani.

Arrivato a Waikiki, che avevo deciso fosse il mio punto di partenza, non sono riuscito a star fermo un secondo, sono corso in spiaggia e sulla sinistra, eccola lì, la Diamond Head, il cratere vulcanico (che si deve scalare assolutamente) che mi dava il benvenuto.

Ragazze dolcissime con ghirlande di fiori – come nei film – che sorridevano ai nuovi arrivati (che si vedono subito), un tramonto nel mezzo del Pacifico, con l’acqua meravigliosamente tiepida e le onde, che imparerai a conoscere. Non lontano dalla Diamond Head, che guarda l’oceano, c’è una targa in memoria di Amelia Earhart, che partì proprio dalle Hawaii per il primo volo solitario fino al Nord America.

La natura è padrona delle isole Hawaii e i nativi la rispettano e la curano come una divinità. Se solo anche noi imparassimo da loro. Le strade non tagliano le montagne sacre, quindi per arrivare a Nord bisogna girare introno all’isola.

Al di fuori di Waikiki, la spiaggia più “commerciale dell’isola”, troviamo Sandy Beach, una spiaggia magnifica dove i cartelli t’invitano a entrare in acqua con precauzione, perché le correnti sono così forti da portarti al largo in un attimo.

In ogni caso, c’è scritto, lascia che la corrente ti porti, non combatterla, a un certo punto esci dal tratto di corrente e nuoti a riva. “Facile”.

Per i più “vecchietti”, visitate Eternity Beach, dove la famosa scena del bacio sulla spiaggia, tra Burt Lancaster e Debora Kerr, del film “Da qui all’eternità” nel 1953, fu girata.

Waimanalo e il suo splendido panorama, (anche set di Magnum PI), Lanikai e Kailua Beach. Nell’estremo nord, Turtle Bay (dove le bellissime tartarughe marine depositano le loro uova). Il North Shore con Ehukai Beach e i suoi surfisti che vivono in simbiosi con le onde. La magica Waymea Valley e la sua cascata, Ka’ena Point che segna l’estremità a ovest dell’isola, Makua beach. Il Centro Polinesiano, se siete in famiglia e volete passare una giornata con i bimbi e vedere rappresentazioni di usi e costumi polinesiani.

Non può mancare Pearl Harbour. Una visita molto emozionante. Prima di montare nella barca che ci porta a fare il giro della baia, una presentazione cinematografica racconta i fatti storici. Mi dispiaceva (perché sono fatto così), vedere i molti turisti giapponesi in sala, quasi in imbarazzo, nel guardare le immagini e sentire raccontare l’attacco come uno dei più infami e vigliacchi della storia.

D’altra parte, se dovessimo condannare i popoli di oggi per le guerre e gli atti del passato, non dovremmo più guardarci in faccia. Dovremmo, invece, imparare dal passato e capire che le guerre hanno fatto solo morti e non conquiste.

Quando la barca si avvicina ai punti dove si trovavano le navi da guerra americane durante l’attacco a sorpresa da parte dei Giapponesi il 7 dicembre 1941, i brividi superano la curiosità. La USS Arizona, affondata e mai riportata in superficie, è ancora lì sotto, con più dei 1000 marinai che riposano da quel giorno. Un memoriale, bianco, adagiato sopra la nave e da cui si può vedere il relitto sott’acqua, ricorda la loro presenza e il luogo spirituale in cui ci si trova. Lauren Bruner, l’ultimo sopravvissuto all’attacco della USS Arizona (e non l’unico), scrisse nelle sue volontà che l’urna con le sue ceneri dovesse essere messa all’interno della nave, così da ricongiungersi per sempre con i suoi compagni. Con una cerimonia ufficiale, Lauren, oggi, riposa con loro.

Il mio istruttore nativo Hawaiano di surf mi disse: “Ci troviamo domani mattina alle 06:00 e t’insegno com’è nato il surf, come surfiamo “noi” e come si entra in contatto con l’oceano”.

Alle sei puntuali e l’adrenalina alle stelle, mi sono presentato davanti alle onde. Era ancora notte e non ero proprio tranquillo. Vedo David (sì, un nome anglosassone) e comincio a fare domande e parlare, lui, di poche parole, mi dice: “Zitto, siediti sulla sabbia, chiudi gli occhi e ascolta il ritmo delle onde, entra in contatto con loro.” Dei vari corsi fatti, mai mi ero seduto ed ero entrato in contatto con l’oceano. Che lezione di vita!

Quando siamo entrati in acqua, si cominciavano a vedere le prime luci dell’alba e i primi raggi del sole. Eravamo solo io, lui e le onde. Anzi no, a mano a mano che “pagaiavo” con le braccia per raggiungere David, mi sono fermato, il mio sguardo si è perso nell’acqua, che era caldissima (le onde erano ancora dolci), ho appoggiato la testa e l’orecchio destro sulla tavola e con l’acqua che mi toccava il viso, ho detto: “Allora è così che ci si sente, grazie”. Vedo qualcosa muoversi e una pinnetta esce dall’acqua, una tartaruga marina stava nuotando con me e so che mi ha sorriso. Mi sono commosso e, ancora oggi, quel momento è scolpito nel mio cuore.

Forse, per la prima volta, avevo capito la meraviglia della vita.