A spasso col Sior Pare

Per ogni città ci sono i propri luoghi comuni, ad esempio i vicentini mangiano i gatti, Napoli è pizza e mandolino, i veneziani non sanno guidare l’automobile. Ma c’è una cosa in più da dire. I veneziani Doc (soprattutto di una certa età) non sanno andare in Bicicletta! Com’è possibile direte voi, beh, provate ad andare in bici sopra ai ponti o per calli e callette!

Il Sior Pare ovviamente non fa eccezione. Fino ai 42 anni non aveva mai guidato nulla che non fosse una barca. Ma, una volta trasferitosi in Terraferma, si è dovuto chiaramente adattare a questo nuovo stile di vita.

Per chiunque non abbia mai frequentato Venezia so che suona sempre strano ed irreale. Ho lavorato per tanti anni per una azienda del Sud Italia. Ogni volta che dovevo andare ad un funerale non capivano perché avessi bisogno di prendermi tutta la giornata e non le classiche 2 o 3 ore di permesso. Vai tu a spiegare che devi prendere l’autobus, arrivare a Venezia, farti una camminata o prendere il vaporetto o entrambi, arrivare alla Chiesa, poi farti un’altra camminata, prendere il vaporetto e andare al cimitero. Girare un’isola intera (perché poi si fa ovviamente il giro delle tombe dei parenti) e dopo circa 4 o 5 ore (se tutto va bene) si ritorna a Piazzale Roma a prendere l’autobus e si va a casa. Il tutto non considerando l’acqua alta, scioperi o manifestazioni varie.

Il tempo per i veneziani è dilatato, siamo sempre in movimento, come le onde della nostra laguna, sappiamo quando partiamo ma non quando arriviamo. Per noi è normale prendere gli autobus, camminare per arrivare a destinazione, prendere un traghetto. La cosa più anormale è guidare una macchina.

Anche il Sior Pare ha sempre ragionato così, per andare al lavoro prendeva l’autobus, faceva le spese nei negozi della zona o prendeva l’autobus con il suo fido carrellino e andava al mercato. Non erano ancora i tempi dei centri commerciali.

Ad un certo punto però si è reso conto che qui senza macchina non era come Venezia, dove tutto è a portata in pochi minuti di camminata. Così si è deciso a farsi la patente. La sua prima macchina, una Simca 1100 color turchino, ridipinta poi di un color caffèlatte inguardabile. Per me rimarrà sempre il “Grande Mazinga”, perché riusciva a farmi vedere la città dall’alto quando passava sopra ai cavalcavia.

C’era una barzelletta tanti anni fa in cui si diceva che un veneziano alla guida lo riconosci subito. Per andare a Treviso mette la seconda marcia a Mogliano. Il Sior Pare deve averla presa come una legge e non come uno scherzo. Non si è mai capito bene perché, ma in bicicletta o con l’autobus ci mettevo sempre meno tempo che con lui alla guida della macchina!

Eppure era sempre pronto, andiamo a Vittorio Veneto a trovare gli zii (un’ora e mezza di viaggio contro i normali 40 minuti), andiamo a Levico (circa 4 ore e mezza di viaggio), Jesolo (un’ora e mezza)… saliva in macchina, Siora Mare pronta a fare da navigatore dicendo sempre “Gira daa parte mia (gira dal mio lato)” perché non è mai riuscita a distinguere la destra dalla sinistra, ma è l’unica della famiglia ad aver un senso dell’orientamento innato. Con ovviamente poi annesse offese varie perché “Te go ditto de girar de quà, no ti me scolti mai! (Ti ho detto di girare di quà, non mi ascolti mai!)” ” Ma se ti me dixi gira de eà, mi come ca… fasso a saver da che parte xe eà?!?” (Ma se mi dici gira di là, come ca… faccio a sapere da che parte è là?!?)

Nonostante tutto a lui piaceva guidare, mi portava a tutti gli allenamenti e alle partite, dai miei compagni di classe, a far piccole gite. Non era di certo un pilota provetto, anzi, e aveva scelto una macchina davvero pessima che ogni tre per due era dal meccanico, eppure durò ben vent’anni. Questo grazie soprattutto alle sue premurose cure. La lavava in giardino il sabato pomeriggio e io mi divertivo un sacco ad aiutarlo. Si rompeva qualcosa? Beh, lo aggiustava lui senza pensarci troppo sopra. Eccolo ricostruire tutta la marmitta con le lattine dell’olio e quelle della carne in scatola saldate ben insieme!

Alla fine per lui non contava il mezzo di locomozione, ma il perché. Ti porto a fare qualcosa che ti piace, che ti appassiona. E io sono contento di questo.