Il caffè del Sior Pare

Ogni persona ha i propri riti quotidiani. Chi la colazione al bar, chi la sigaretta o il giornale e chi il caffè. Il Sior Pare è da sempre un gran appassionato di caffè. Non solo come bevitore, ma anche come storia e manifattura.

Ma facciamo un passo indietro.

Sior Pare era l’ultimo di cinque fratelli e suo padre aveva dei negozi di pasticceria e dolciumi sparsi per Venezia. Dopo essersi ammalato e poi mancato, i negozi vennero venduti tutti, tranne uno in Salizada San Lio, a pochi passi da Rialto, anche se già facente parte del Sestiere di Castello.

Sior Pare aveva solo cinque anni e c’era la guerra, così lui e il quarto fratello andarono in collegio, mentre la sorella più grande iniziò a gestire la Bottega rimasta. Con gli anni passò in gestione da fratello a fratello, fino a quando toccò al giovane Sior Pare iniziare ad aiutare come garzone, prima, e poi a gestirla lui con l’aiuto dei suoi gatti, il Moro e il Gigio.

  • Go tacà a eavorar eà subito dopo e scuoe commerciali, per cui gero un bocia. Prima passavo soeo ogni tanto a portarghe da magnar a me soree o se ghe serviva ‘na man, poi invesse ghe gero soeo che mi. Di fronte ghe gera una torefasion, credo ea più vecia de Venexia. Ea gera de do soree ebree che durante ea guera e xe stae sconte no so par quanti ani in mezo ai campi del Cavain. E gera davero do brave fie, tuto el giorno eà a tostar e mazinar chicchi de caffè. E mi vardavo, ogni tanto ghe davo ‘na man, e imparavo. Ghe gera mìe tipi de chicchi, de varietà. E poi e fazeva e miscele. Queo xe el segreto. Ghe ne xe de forti che i no sa da niente, e aromatici ma che no i xe forti. Poi e ga dovùo spostar ea torrefasion dae parti de Miran, parchè gera pericoeoso farlo in Centro Storico, par i incendi, ti sa. Ma ea bottega i ea gaveva sempre eà, anca se el caffè no gera più cussì bon! (Ho iniziato a lavorare lì subito dopo le scuole commerciali, per cui ero un ragazzino. Prima passavo solo ogni tanto per portare da mangiare alle mie sorelle o se serviva loro una mano, poi invece ero solo io. Di fronte c’era una torrefazione, credo la più vecchia di Venezia. Era di due sorelle ebree che durante la guerra erano rimaste nascoste non so per quanti anni in mezzo ai campi a Cavallino (un Paese dall’altro lato della Laguna Veneta, vicino a Jesolo). Erano davvero due brave ragazze, tutto il giorno lì a tostare e macinare chicchi di caffè. E io guardavo, ogni tanto davo loro una mano, e imparavo. C’erano mille tipi di di chicchi, di varietà. E poi facevano le miscele. Quello è il segreto. Ce ne sono di forti che non sanno di nulla, e aromatici ma che non sono forti. Poi hanno dovuto spostare la torrefazione dalle parti di Mirano, perchè era pericoloso farlo in Centro Storico. Per gli incendi, sai. Ma la bottega l’avevano sempre lì, anche se il caffè non era più così buono!)”

Il Sior Pare ha sempre avuto questo talento innato nell’osservare come si fanno le cose e poi iniziare a farle lui stesso. Quella dote che ormai si è quasi del tutto persa di saper fare così un po’ di tutto, dall’idraulico, all’elettricista o al meccanico fino al cuoco. Eccolo quindi comprarsi i chicchi, tostarseli e infine macinarli per avere il suo caffè.

  • Co eavoravo in Porto e gavevo tempo me eo fazevo mi… No ghe gera miga e Bialetti come ‘desso! Ghe gera ea Napoeatana, ea vesuviana… e po’ ti e mettevi dirette sul fogo, no ghe gera i fornei a gas o elettrici! Ghe voeva el so tempo… come par tute e robe bone. Ti ga presente ea pentola dove che fazemo e castagne? Quea ea usavo per tostarlo e dopo gavevo el macinino. Ora invesse me compro quei già fatti… ma no meto mai un tipo soeo. Il segreto sta tuto eà! Ti ga da torghene de diversi tipi, uno da poco e uno bon. E dopo ti misci. (Quando lavoravo al Porto e avevo tempo me lo facevo io… Non c’erano mica le Bialetti come adesso! C’era la Napoletana, la Vesuviana… e poi el mettevi dirette sul fuoco, non c’erano i fornelli a gas o elettrici! Ci voleva il suo tempo… come per tutte le cose buone. Hai presente la pentola dove facciamo le castagne? Quella la usavo per tostarlo e dopo avevo il macinino. Ora invece mi compro quelli già fatti… ma non metto mai un tipo solo. Il segreto sta tutto là! Devi prenderne di diversi tipi, uno da poco e uno buono. E dopo li mescoli.)”

La pazienza del Sior Pare è quasi proverbiale, soprattutto quando si parla di caffè. Eccolo quindi seguire ogni giorno i suoi riti. Quando tutto il pranzo è ormai verso fine cottura, prende la sua vecchia caffettiera, esce in giardino e sparge i fondi tra le piante “cussì e cresse megio dopo! (Così crescono meglio dopo!)”. Rientra in casa, mette l’acqua, e poi aggiunge la sua speciale miscela e attende. Controllando sempre che il caffè non esca. Una volta pronto, lo spegne e lo lascia là.

  • Ma Sior Pare, non bevi il caffè che è caldo? Non è più buono appena fatto?
  • No no, a mi me piaze fredo. Eo go sempre bevùo cussì. Sarà che ‘na volta costava manco se ti eo toevi che gera già pronto… No eo so. Ma sempre bevùo cussì! Me eo gusto de più spetando! (No, no, a me piace freddo. L’ho sempre bevuto così. Sarà che una volta costava meno se lo prendevi che era già pronto… Non lo so. Ma sempre bevuto così! Me lo gusto di più aspettando!)”

Un celebre aforisma recita: “L’attesa del piacere è essa stessa piacere“. Ma il vero segreto sta tutto nel saper miscelare le cose.

Anna